Anche oggi durante la vostra consueta navigazione online vi sarà capitato di imbattervi in tantissimi annunci native, ma probabilmente non ve ne sarete accorti.
Il motivo? Molto semplice. La pubblicità native è lì sotto ai vostri occhi ma non si vede ed è proprio questa la caratteristica che la contraddistingue e la rende tanto interessante.
Di colpo, la pubblicità non è più vista come un mezzo intrusivo degli inserzionisti di attirare l’attenzione del proprio pubblico, ma come un valore aggiunto alla comunicazione offerta in pagina. In poche parole, non è più semplice pubblicità, ma contenuto interessante che l’utente cerca, condivide, commenta e linka.
NATIVE ADVERTISING: COME SI È EVOLUTO?
È il 2015. Tra i grandi editori del calibro di New York Times e Condè Nast comincia a farsi strada l’idea che il modo migliore per raggiungere il proprio pubblico sia smettere di risultare invadenti. I tempi non sono ancora maturi, ma è chiaro che gli utenti non siano più disposti a cliccare su banner e link acquistati sottobanco.
Il primo semestre del 2016 è ancora popolato dall’incertezza. La maggior parte degli editori non sa ancora di cosa si stia parlando e se lo sa, non è ancora pronta ad abbandonare i tradizionali canali di monetizzazione come la pubblicità Display in favore delle novità.
E’ il secondo semestre del 2016 a rimettere tutto in gioco. Il native advertising cessa di essere considerato un semplice slogan e comincia a guadagnare ampia considerazione da parte di editori di piccole e medie imprese.
Per il 2017 possiamo solo ipotizzare quali saranno le evoluzioni di questa nuova forma di pubblicità contestuale, anche se qualcuno intravede già la tempesta perfetta per la prossima ondata di cambiamento nell’advertising online.
Tra questi, Business Insider che quest’anno ha pubblicato un interessante studio secondo il quale la crescita del native advertising sarebbe da attribuire ad un cambiamento del comportamento dei consumatori, schiavi di smartphone e tablet anche per le quotidiane attività di ricerca e fruizione di contenuti.
NATIVE ADVERTISING: CARATTERISTICHE
Il Native Advertising non è pubblicità travestita da post indipendente
Un esempio fra tutti, quello proposto da Netflix su Wired ed entrato nell’immaginario collettivo come vero e proprio contenuto di qualità appartenente alla sfera native.
Non un articolo come gli altri, questo è certo. Ad indicarlo, la dicitura “sponsored content” scritto in bella mostra così che nessuno possa confonderlo. Ma neanche un banner pubblicitario.
Netflix infatti sceglie di offrire ai suoi utenti un articolo firmato dall’antropologo Grant McCracken per spiegare come la tecnologia stia trasformando la pubblicità e lo fa con la massima trasparenza e linearità.
Contenuto e contenitore sono perfettamente omogenei…
Un contenuto native che si rispetti è sempre in grado di mimetizzarsi con la piattaforma che lo ospita. Non si confonde con gli altri articoli della redazione, in quanto l’etichetta sponsored è sempre ben visibile, nonostante tutto il pubblico non nota la differenza tra contenuti e pubblicità perché quest’ultima riesce ad integrarsi perfettamente nella programmazione e non disturba.
…e lo è anche il tono of voice
Torniamo a citare Netflix come esempio di riferimento. Un’azienda che si occupa di noleggio DVD e videogiochi via internet sceglie di trattare come contenuto native un argomento affine al proprio business (l’evoluzione della pubblicità influenzata dalle novità tecnologiche) piuttosto che di elencare una serie di consigli su come organizzare un pranzo della domenica da leccarsi i baffi.
Ecco un’altra caratteristica fondamentale del native advertising: per raggiungere il mio target devo presentare un prodotto utile, proporre un articolo che sia in grado di interessare, coinvolgere, utilizzare il vocabolario adatto al mio target e produrre articoli o video che siano sempre allineati all’audience di riferimento.
La lettura non deve essere interrotta
I contenuti native sono sempre lineari con la navigazione, non si impongono all’attenzione dell’utente, rischiando di interrompere la lettura di un contenuto che magari stava leggendo con interesse.
Nel 2017 questa nuova forma di pubblicità contestuale rappresenterà un’importante opportunità per il mercato di connettersi con i propri utenti. Gli utenti collegati in rete non avranno più motivo di utilizzare tanto attivamente ad-blocking o di polemizzare contro la pubblicità online, ormai considerata invadente e di cattivo gusto.